Un
tranquillo week end di ramponi
testo
di Gabriele Villa
fotografie
di Leonardo Caselli, Stefano Fogli, Marco Guaraldi
Le
cose che nascono spontaneamente non sono quelle che forse riescono meglio
ed alla fine risultano le più gradite?
Probabilmente sì, soprattutto se coincidenze fortunate ed eventi
inizialmente non previsti aggiungono sale alla minestra della nostra
avventura.
Dev’essere stato così anche per quel nostro fine settimana alla Malga
Sorgazza se è vero, come è vero, che il ricordo ha continuato piacevolmente a
girare nei meandri del cervello quasi a cercare una via d’uscita, a
chiedere insistentemente di essere “esternato”, di essere
“depositato”, nero su
bianco, con la scrittura per essere infine placato.
Con
Paola Favero tra le pieghe della parete nord-ovest della Civetta.
Lo
spunto era partito dalle serate alla Malga Sorgazza e più precisamente
dall’ultimo dei tre appuntamenti in programma, quello con Paola
Favero
e la presentazione del suo bel libro sulla parete nord-ovest della
Civetta.
Sembrava proprio che quella serata interessasse a parecchi amici, fra i
quali anche a quel gruppetto di “aspiranti picchiatelli” che, usciti
dai corsi della sezione del Cai, avevano iniziato a frequentare la
montagna autonomamente andando assieme per sentieri e ferrate.
Li avevamo visti e conosciuti nella gita sociale al Gran Paradiso, rivisti
i martedì sera seguenti presso la sede sociale, ritrovati alla serata di
Kurt Diemberger ed ancora ai film di novembre, avviando quell’amicizia
che nasce spontanea fra chi condivide la stessa passione per la montagna.
Dunque, come scriverebbe qualcuno di mia conoscenza, ci trovammo al solito
posto, alla solita ora, cioè il sabato pomeriggio del 22 dicembre
all’una, per andare tutti insieme a Malga Sorgazza.
Lassù trovammo altri amici, sia ferraresi che “local” ed
un’atmosfera di curiosa attesa per l’incontro con l’autrice del
libro “CIVETTA. Tra le pieghe
della parete”.
Purtroppo l’imprevista indisposizione di chi avrebbe dovuto accompagnare
con musica dal vivo la voce recitante alcuni brani tratti dal libro
sembrava avere tolto parte della suggestione che era stata pensata per
quell’incontro e che un sottofondo musicale tradizionale sembrava non
poter sostituire.
Ma ugualmente, e indipendentemente dalle coreografie di contorno e da
qualche inconveniente tecnico, è venuta fuori la sostanza che è quella
che conta più della coreografia e il significato di quel libro, frutto
della ricerca appassionata della sua autrice è emerso in pieno.
Presentazione a me doppiamente gradita, per trovarmi ad assistervi tra
amici in una malga di montagna gestita da amici e per sentir parlare di
quella parete sotto la quale ho trascorso tante estati della mia
giovinezza nel paesino di Pecol di San Tomaso agordino.
Molto bello e allegro anche il momento della foto di gruppo con tutti i
presenti alla serata.
La foto
della redazione al completo.
Nel dopo serata, ed in attesa della cena
preparata da Carla, è stato tutto un intrecciarsi di chiacchiere, di un
girar di libri e di riviste (in particolare l’ultimo numero speciale di
ALP con l’articolo proprio di Paola Favero sulla Sorgazza e le cascate
della Val Malene), di un fitto ed allegro parlottare, con i soliti
incalliti fumatori ad uscire diligentemente per spargere nel freddo della
sera le volute del fumo delle loro sigarette.
Ad un
certo momento ci siamo trovati, nelle immediate vicinanze, Maurizio
indaffarato dietro al bancone del bar, Franz Pompoli appollaiato su di uno
sgabello all’ombra di un bicchiere di birra, appena discosto il
sottoscritto e pochi passi più in là Leo e come in un flash abbiamo
realizzato che la “redazione” di intraigiarùn
era lì presente al completo, come da tempo non succedeva.
Era
l’occasione per una foto che, lungamente rimandata per tutto
quell’indaffarato andirivieni, alla fine è stata fatta suggellando
l’immagine di un brindisi ideale con tutti i lettori del nostro sito.
Sul
torrente ghiacciato di Val Vendrame.
Alla fine anche Mauri ci aveva
consigliato la Val
Vendrame
perché avremmo trovato meno gente, quindi goduto meglio dell’ambiente
senza rischiare di prendere “moccoli” di ghiaccio sulla testa.
La
preparazione era stata abbastanza lenta, nessuno aveva fretta e fuori
faceva ancora freddo.
Nel
frattempo era arrivato Christian Marchetto che subito, da buon montanaro,
aveva osservato “…ma come, siete
ancora qui a quest’ora?”
“I
ragazzi la prendono con calma”
avevo risposto e lui di rimando “…o sono quelli che li accompagnano?”
C’era un
fondo di verità in quell’osservazione ma il bello di quella giornata
era anche quello: le cose sarebbero avvenute nella più completa
spontaneità.
Come il
piacevole incontro con Daniele Bonato (autore del simpatico racconto
“Gradi duri e baby sitter”) e del suo compagno di scalate Gaudenzio
Rubbo.
Sicché ci
fu il tempo della colazione, tutti al tavolo assieme, poi la preparazione
degli zaini, la conta delle piccozze e dei ramponi ed infine fummo pronti
per partire.
La
giornata prometteva bene ed i volti di tutti erano soddisfatti e carichi
di aspettative quando ci avviammo per la carrareccia con passo tranquillo.
Seguimmo
le indicazioni che ci aveva dato Mauri fino ad imboccare il sentiero 320
della Val Vendrame che si insinuava nel ripido bosco.
Dopo un
centinaio di metri ci avvicinammo al torrente perché sapevamo che avremmo
trovato il ghiaccio che cercavamo, così come ci avevano entusiasticamente
segnalato Ruggero, Tiziano, beniamino e Claudio con un eloquente “lì
vi divertirete di sicuro”.
Alle prime
avvisaglie di ghiaccio calzammo i ramponi ed i più esperti diedero
un’occhiata a quelli che li mettevano per la prima volta.
Salimmo
ancora per un ripido costone di zolle erbose ghiacciate e poi ecco una
bella placcona di ghiaccio direttamente sul sentiero, ideale per far
capire ai novizi che con i ramponi sotto agli scarponi non si scivola.
Sembra una
cosa scontata ma non è così perché il timore del ghiaccio è un
automatismo innato e all’inizio rimane la paura di scivolare finchè non
si consolida la fiducia nei ramponi e se la cosa avviene gradualmente e
senza paure si acquisisce sicurezza abbastanza rapidamente.
Beh, su
quella placcona estesa abbiamo camminato a lungo fino a che i movimenti di
tutti sono diventati più sciolti, poi ci siamo spostati su un tratto
leggermente inclinato continuando quel tipo di approccio “soft” ed
infine abbiamo potuto affrontare il torrente risalendolo a lungo fino ai
piedi della cascata ghiacciata.
E’ stato
molto soddisfacente vedere come tutti hanno affrontato con sicurezza i
salti ghiacciati che si presentavano, attratti più dalle magie
dell’ambiente invernale piuttosto che intimoriti dalle difficoltà che
si presentavano davanti a loro.
Davanti
alla fila il generoso Obelix, oltre a dare l’esempio, dispensava
consigli e suggerimenti sui movimenti da fare per superare i risalti
ghiacciati, mentre Leo, silenzioso come sempre, si muoveva nel gruppo
pronto ad ogni evenienza e Gabriele in coda sollecitava Stefano a non
restare troppo indietro, tutto preso com’era a fotografare ogni
ghiacciolo, ogni stalattite e qualsiasi escrescenza cristallina di forma
particolare o curiosa.
Arrivati
quasi ai piedi della ripida cascata, era giusto il momento di mangiare
qualcosa prima di dedicarci ad ulteriori esercitazioni per prendere
maggiore confidenza con piccozza e ramponi.

Grazie
alla giornata non troppo fredda abbiamo potuto sperimentare un po’ tutti
i movimenti su ghiaccio, in salita, in discesa, in traversata poi, visto
un bello scivolo non troppo ripido, abbiamo posizionato una buona vite da
ghiaccio per arrampicare assicurati dall’alto con la corda usando sia la
piccozza tradizionale che le piccozze tecniche da cascata.
Inutile
dire che tutti hanno voluto provare l’emozione del ghiaccio ripido e man
mano che il tempo passava si vedevano le facce sempre più sorridenti e
soddisfatte.
Infine,
abbiamo iniziato la discesa tornando a superare lo stesso percorso seguito
in salita e verificando così quanta sicurezza e confidenza era stata
acquisita solo nell’arco di tempo di poche ore di quella sola giornata.
Sensazione
che è stata evidente quando siamo intenzionalmente ripassati per lo
stesso punto ghiacciato sul quale avevamo iniziato al mattino che ha
sollevato un soddisfatto sorriso in chi si rivedeva al mattino timoroso e
titubante ed ora assolutamente tranquillo e rilassato, conscio di avere
acquisito quella dimestichezza che al mattino era sconosciuta.
Ma non era
finita… perché poco dopo abbiamo tolto i ramponi, ma rimaneva qualche
chiazza ghiacciata da superare e, anche se poco inclinata, sufficiente a
mandare qualcuno disattento a gambe all’aria e a …culo per terra.
Ma la
colpa non era di chi (intenzionalmente) aveva attraversato quella zona con
ghiaccio residuo, ma di chi seguiva senza guardare con attenzione dove
mettere i piedi: del resto dicono che l’esperienza personale è più
utile di qualsiasi insegnamento...

Raggiunta
la carrareccia di fondo valle, tutti si sono potuti rilassare e con calma
siamo rientrati verso la Malga
Sorgazza, davanti Obelix, Leo e Gabri a raccontarsi le impressioni della giornata
e dietro gli “aspiranti picchiatelli” intenti a scambiarsi le
impressioni sulle esperienze vissute nel corso della giornata.
Un’altra
allegra tavolata in malga a base di affettati, formaggio e buon vino rosso
ha concluso degnamente la giornata prima del rompete le righe e
dell’arrivederci ad una prossima esperienza.
Quando sarà
ancora nessuno lo può dire, ma una cosa è certa: ci sarà certamente
una… prossima volta, perché gli ingredienti ci sono tutti (passione,
spirito di amicizia, allegria, voglia di fare e di mettersi alla prova) e
la …miccia oramai è stata innescata.
E’ solo
questione di tempo…
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